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Il libero arbitrio
L'uomo è concettualmente una creatura perfetta, dico concettualmente perché nella realtà è di gran lunga imperfetta e questo perché usa il libero arbitrio per operare delle scelte. Come sappiamo, in una società evoluta le scelte del singolo si ripercuotono a "domino" sugli altri e questo perché l'uomo è una creatura sociale che vive all'interno di un tessuto sociale sui cui opera le sue scelte. Cosa accade se un uomo in virtù del libero arbitrio si mette al volante ubriaco? Questo eccesso di libertà si ripercuote su chi gli sta accanto come un pedone che attraversa la strada. I due soggetti possono non conoscersi eppure il guidatore ubriaco sta per segnare la vita del pedone. Se l'uomo opera una scelta all'interno di un quadro ben definito di regole quanto esposto non può accadere. Ovvero se l'uomo rispetta regole di condotta morali, religiose e giuridiche non esiste l'ipotesi che Tizio investa Caio in preda ai fiumi dell'alcool. Allora l'uomo diventa prevedibile e come in una formula di cui si conosce il risultato, basandosi su dati certi e prevedibili, si può intuire o calcolare che Tizio non arrecherà mai un danno a Caio perché osserva delle regole. Questo meccanismo spingerà l'uomo verso un modello comportamentale quasi perfetto. Se tutti gli esseri umani osservassero le stesse regole di Tizio, allora, la specie umana avrà fatto un balzo in avanti verso la perfezione. Infatti il libero arbitrio produce imponderabilità. Se facciamo finta che un uomo si muova in una scacchiera, noteremo che nel caso in cui segua delle regole, i quadratini a lui vicini non verranno coinvolti ovvero se Tizio segue delle regole si muoverà secondo uno schema prestabilito e non danneggerà i pezzi della scacchiera a lui vicini. Perché funzioni il sistema, anche i pezzi della scacchiera devono osservare le stesse regole osservate da Tizio, mentre nel caso in cui Tizio non osservi nessuna regola si potrà spostare dentro la scacchiera a piacimento arrecando danni ai pezzi a lui vicini. Riprendiamo l'esempio dell'ubriaco al volante, non arrecherà danno solo al pedone ma bensì anche alla famiglia del pedone e perfino alla sua stessa famiglia. Quindi il danno arrecato dall'inosservanza delle regole morali, religiose e giuridiche avrà un effetto "domino". Più sono complesse le regole e minore sarà il danno arrecabile. Quindi, se sottraiamo un po' del libero arbitrio, scopriremo che se ne avvantaggerà l'intero tessuto sociale. Il "caos" altro non è che lo stato di confusione dettato da un libero arbitrio fin troppo spinto. L'uomo deve limitarsi per un bene superiore: l'armonia e l'amore per gli altri. Solo ragionando in termini altruistici si riesce a costruire qualcosa di solido che resista al tempo e alla natura umana. Naturalmente, le tre fonti, morali, religiose e giuridiche devono essere condivise da tutti. Quindi stiamo osservando una società utopistica dove la perfezione è un'astrazione della realtà. I modelli utopistici ci spingono verso direzioni nuove perché non si sarebbe arrivati alla loro formulazione senza tanti insuccessi e fallimenti, ma poiché la perfezione è per definizione una condizione irreale perché percezione della realtà non legata al libero arbitrio e poiché l'uomo è nella realtà una creatura imperfetta, l'uomo stesso non può creare nulla di perfetto poiché da una creatura imperfetta può derivare solo imperfezione e poiché l'imperfezione dell'uomo risiede proprio nell'esasperare il libero arbitrio, si può ipotizzare che l'uomo possa ambire alla perfezione senza mai raggiungerla realmente. Però questa ricerca della perfezione costituisce un fattore evolutivo non indifferente che cresce con l'aumentare della consapevolezza di se stessi e del mondo circostante fatto di altri esseri umani. Quindi ignorare le regole morali, religiose e giuridiche ci fa regredire a bestie prive di scrupoli o rimorsi. Non basta "sentire" proprie delle regole morali, è necessario che altri le condividano e ne facciano leggi, importante è anche l'opera svolta dalle regole religiose poiché su di queste si basa il modello di una società che si da' regole morali e giuridiche. Sono tre fonti che devono necessariamente essere complementari e non sostitutive o contrastanti. Il comune senso del "giusto" deve essere percepito da tutti altrimenti ci troveremmo di fronte ad una realtà ben nota e osservata nei secoli. Non basta imporre delle regole, è necessario che le regole siano accettate da tutti altrimenti ci troveremmo di fronte ad una forma di dittatura. Il sentire "comune" deve esserci sia da chi impone sia da chi si sottopone. In questo modo una regola percepita come "buona" viene accettata e rispettata nel 90% dei casi. Dunque sta' al legislatore creare la società "perfetta" fatta di regole giuste e condivise da tutti. E perché siano condivise da tutti è necessario che chi legifera osservi in prima persona le regole che ha imposto. Il bene proprio ed il bene comune creano le basi della morale. Senza gli altri l'uomo non esisterebbe, siamo come formiche in un grosso formicaio dove ciascuno si specializza in qualcosa da mettere a frutto in questa o quella società. Più è specializzata e organizzata la società più sarà evoluta e con essa anche l'insieme delle regole di condotta morali, religiose e giuridiche. Nelle società molto evolute si assiste ad una riduzione dei traumi sociali quali guerre, carestie e disuguaglianze. Tre piaghe che affliggono le società "imperfette". L'uomo deve idealizzare la stessa idea di perfezione tentando di imitarla come ratio estrema. Senza regole il mondo sarebbe già finito millenni fa.
Scritto filosofico realizzato il 21/09/2016 da Alessandro Marinuzzi
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